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Lo scorso 2 febbraio è stata pubblicata la sentenza n. 274/2022 del Tribunale di Lecce relativa al risarcimento chiesto dai genitori dopo il decesso della figlia avvenuto nel 2010.
Nel 2015 la Commissione Ospedaliera Militare, organo ministeriale preposto alla valutazione dei ricorsi amministrativi per il riconoscimento dei danni da vaccino, da emotrasfusioni ed emoderivati infetti, aveva stabilito che il decesso era legato alle gravissime patologie neurologiche causate dal vaccino trivalente antipolio e antidiftotetanico somministrato nel 1987 presso l’ospedale di Poggiardo.
Nel procedimento giudiziario dinanzi al Tribunale di Lecce, durato 7 anni (dal 2015 al 2022), sono stati chiamati in causa il Ministero della Salute e la Gestione Liquidatoria dell’ex USL di Poggiardo.
Il Ministero della Salute è stato condannato al risarcimento del danno sulla base del collegamento causale accertato dalla Commissione ministeriale del 2015 tra decesso e la gravissima cerebropatia determinata dal vaccino, mentre a carico della Gestione Liquidatoria dell’ex USL Poggiardo non è stata ravvisata alcuna responsabilità perchè all’epoca della somministrazione del vaccino non erano conosciute e prevedibili “alterazioni neurologiche evolutive” collegate al vaccino.
Di seguito la sentenza integrale:
SENTENZA N.274/2022 pubblicata il 2 febbraio 2022
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LECCE
PRIMA SEZIONE CIVILE
in persona della dr.ssa xxxxxxx, quale giudice monocratico, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al N. 10040 del R.G. dell’anno 2015, trattenuta in decisione nell’ udienza del 4 novembre 2021 e vertente
TRA
xxxxxxxxxx, in proprio e quali eredi di xxxxxxxx
rappresentati e difesi dall’avv.to xxxxxxx
ATTORI
E
MINISTERO DELLA SALUTE , in persona del Ministro in carica rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce ed ope legis domiciliato presso i suoi uffici
CONVENUTO
E
GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA EX USL/LE 9 DI POGGIARDO, in persona del xxxxxx
rappresentata e difesa dall’avv.to xxxxxxx
CONVENUTA
Oggetto: risarcimento del danno da vaccinazione

Conclusioni delle parti: come da verbale di udienza del 4 novembre 2 021
MOTIVI DELLA DECISIONE
xxxxxxxx e xxxxxxxxxxx, genitori di xxxxxxxxx, hanno esposto che la propria figlia è stata sottoposta a vaccino antipolio e antidiftotetano il 23.05.1987, manifestando poco dopo tremore e fenomeni convulsivi, e ha poi ricevuto la seconda dose il 30.06.1987 , manifestando i medesimi sintomi .
Gli attori hanno lamentato che dalla somministrazione dei vaccini è derivato un 
grave ritardo nello sviluppo psicomotorio della figlia, fino a determinarne il decesso nel 2010, e hanno chiesto la condanna del Ministero della Salute e della Gestione 
Liquidatoria ex USL di Poggiardo al risarcimento del danno patito. 
Con propria comparsa si è costituito il Ministero della Salute, eccependo il difetto 
di legittimazione passiva del Ministero convenuto; la prescrizione dell’azione; l’infondatezza dell’avversa richiesta.
 Con propria memoria si è costituita la Gestione Liquidatoria ex USL di Poggiardo, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la nullità della citazione,
 oltre alla prescrizione dell’azione, con richiesta di rigetto della domanda attorea.

La causa è stata istruita con CTU medico -legale ed è stata poi trattenuta in
 decisione, con concessione del termine massimo di legge per conclusionali e
 repliche.
***
Come premesso, la vicenda in esame attiene al risarcimento del danno invocato dagli attori, genitori di xxxxxxx, per le conseguenze dalla stessa patite a seguito della somministrazione dei vaccini antipolio e antidiftotetano nel maggio e giugno 1987, quando la piccola aveva pochi mesi.
Nel costituirsi in giudizio, entrambi i convenuti hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione dell’avversa azione.
 Quanto alla prima eccezione, va indubbiamente riconosciuta la legittimazione passiva del Ministero della Salute in tema di danni da vaccinazione, come riconosciuto da giurisprudenza granitica della Corte di Cassazione, che è superfluo richiamare in questa sede (e che riconosce implicitamente tale legittimazione nelle pronunce che saranno di seguito menzionate in tema di prescrizione).
 Quanto alla Gestione Liquidatoria della EX USL Poggiardo, va evidenziato che parte attrice ha dedotto, nel corso del giudizio, di aver invocato una responsabilità da malpractice medica, per non avere la USL provveduto a trattare adeguatamente la bambina dopo il manifestarsi delle convulsioni e dei tremori : Alla luce delle precedenti deduzioni, nella fattispecie sub judice si può agevolmente ravvisare imprudenza, negligenza ed imperizia professionale, consumatesi nel corso delle somministrazioni dei vaccini e nell’attività di controllo e vigilanza, che qualificano inequivocabilmente la responsabilità della struttura ospedaliera, e costituiscono le principali cause della compromessa stabilità psico-fisica di xxxxxx (pag. 5 comparsa conclusionale).
In realtà , nell’atto di citazione la responsabilità dell’Ospedale di Poggiardo è invocata in quanto lo stesso praticò le vaccinazioni, senza controllare lo stato di salute del soggetto e comunque il prodotto dannoso, nonché per difetto di organizzazione (fine pag. 2), dunque per profili diversi da quelli poi indicati in comparsa conclusionale. 
Orbene, la legittimazione della Gestione Liquidatoria si limita ai profili di colpa connessa al comportamento dei sanitari, mentre non sussiste con riguardo al controllo del prodotto dannoso.
 Risulta in ogni caso da esaminare in via preliminare l’eccezione di prescrizione sollevata da entrambi i convenuti.

La vicenda in esame ricade indubbiamente, per i danni invocati iure hereditatis, nei casi di responsabilità extracontrattuale, con applicazione della prescrizione quinquennale. Nel caso in esame trova infatti applicazione l’art. 2947 c.c., secondo cui il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.
In merito al dies a quo per il decorso del termine di prescrizione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che – tenuto conto che l’indennizzo è dovuto solo in presenza di danni irreversibili da vaccinazioni, emotrasfusioni o somministrazioni di emoderivati – appare ragionevole ipotizzare che dal momento della proposizione della domanda amministrativa ex l. n. 210/92 la vittima del contagio deve comunque aver avuto una sufficiente percezione sia della malattia, sia del tipo di malattia che delle possibili conseguenze dannose, percezione la cui esattezza viene solo confermata con la certificazione emessa dalle commissioni mediche.
Le Sezioni Unite hanno dunque affermato che la responsabilità del Ministero della Salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita , quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 della legge n. 210 del 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia).
Con l’ulteriore precisazione che l’inoltro della domanda amministrativa costituisce 
il termine ultimo per il calcolo del termine di prescrizione, senza che debba escludersi la possibilità di individuare una consapevolezza del danno in un momento precedente. In tema di responsabilità per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da pazienti emotrasfusi, la presentazione della domanda di indennizzo, di cui alla l. n. 210 del 1992, attesta l’esistenza, in capo al malato e ai familiari, della consapevolezza che queste siano da collegare causalmente con le trasfusioni e, pertanto, segna il limite ultimo di decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., ma ciò non esclude che il giudice di merito individui in un momento precedente l’avvenuta consapevolezza del suddetto collegamento sulla base di un accertamento in fatto adeguatamente motivato. ( Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel dichiarare prescritto il diritto al risarcimento, aveva fatto risalire l’avvenuta conoscenza del collegamento causale
 alla data della diagnosi dell’infezione e ciò tenuto conto delle conoscenze esistenti 
all’epoca in materia e del più generale principio dell’ordinaria diligenza) (Cass. Civ. ,Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27757 del 22/11/2017 ).

Nel caso di specie, gli attori hanno dedotto di aver potuto conoscere dell’epilessia solo in data 02.10. 2006, a seguito della notifica del verbale della CMO.

La documentazione offerta da parte convenuta, tuttavia, smentisce tale assunto. Difatti l’avv. xxxxx ha allegato in giudizio una comunicazione rivolta al Ministero della Sanità e depositata anche presso la ASL in data 09.03.2004, in cui l’avv. xxxxxx scriveva in nome e per conto dei signori xxxxxx e xxxxxxx, nella loro qualità di genitori di xxxxxxxxx.
Nella missiva la parte lamenta quanto segue: in conseguenza della vaccinazione si manifestava un episodio convulsivo con contrazioni muscolari inizialmente limitate 
all’emisoma sinistro. L’ulteriore decorso dell’affezione è stato poi caratterizzato dal continuo ripetersi delle crisi e da un evidente ritardo dello sviluppo psicomotorio. Allo stato attuale, in seguito a successivi ricoveri e numerose indagini mediche, la minore risulta affetta da epilessia parziale con grave compromissione delle funzioni superiori.

Come evidente, già nel marzo 2004 (11 anni prima dell’introduzione della lite) gli attori erano pienamente consapevoli della malattia contratta dalla figlia, anche 
nella forma dell’epilessia, e della possibilità di agire contro gli attuali convenuti per il risarcimento del danno patito.
 Il dies a quo deve dunque decorrere dal 09.03.2004 e d è spirato il 0 9.03.2009, senza che le parti attrici abbiano prodotto alcun atto interruttivo valido. 
L’eccezione di prescrizione è dunque accolta, con riferimento all’azione proposta dagli attori iure hereditatis.
 Gli attori hanno anche chiesto, iure hereditatis, danni che si sono prodotti in prossimità della morte della figlia, con conseguente spostamento in avanti della decorrenza del termine di prescrizione.
 In particolare, in comparsa conclusionale gli attori hanno spiegato che la figlia ha patito un danno da agonia e da attesa lucida della morte, da essi ereditato.
 Sul punto va premesso che tale tipologia di danno, nota come danno catastrofale o da attesa lucida della morte, richiede l’assolvimento di uno specifico onere di allegazione e prova. Gli eredi, infatti, devono in primo luogo allegare il momento in cui la morte si è verificata e la coscienza del soggetto, oltre al lasso di tempo durante il quale il danneggiato principale ha potuto percepire l’approssimarsi della morte. Nel caso di specie, al contrario, gli attori non hanno compiuto alcuna allegazione. Tutto ciò che hanno dichiarato è che la figlia ha subito un grave ritardo a seguito della somministrazione dei vaccini nel 1987, ha sviluppato l’epilessia nel corso del tempo ed è morta almeno sei anni dopo il manifestarsi di quest’ultima malattia.
 È evidente che nella successione di eventi sopra descritta, il danno catastrofale non può in alcun modo trovare collocazione, in quanto il lasso di tempo considerevole deve essere interpretato come non limitato a pochi secondi o minuti e non come esteso ad anni o decenni. Diversamente, verrebbe del tutto a snaturarsi il concetto di danno biologico.
 Né sussiste un danno da perdita della vita in sé considerata, come pure sembrano adombrare fedeli alla genericità che gli è propria gli attori in conclusionale. Nessuna di tali voci di danno, asseritamente patite da xxxxxx in prossimità della morte, è dunque da riconoscersi.
La relativa domanda è pertanto rigettata.
Va ora esaminata la domanda proposta dagli attori iure proprio, per perdita del rapporto parentale con la figlia.
 Con riguardo a questa tipologia di danno, la Corte di Cassazione, Sez. 3, nella recente Ordinanza n. 20882 del 22/08/2018 ha chiarito che la prescrizione è
 decennale: la responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione
di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicché il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c.. ne consegue che in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, da tale punto di vista, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto).

Il dies a quo va individuato indubbiamente nel decesso di xxxx, non essendosi 
verificato alcun danno nel momento precedente alla morte.
 L’eccezione di prescrizione è dunque rigettata, in quanto il giudizio è stato
introdotto nei dieci anni dalla morte della figlia. 
Quanto ai profili di responsabilità , va evidenziato che in corso di causa è stata espletata CTU, nel contraddittorio delle parti, che ha escluso che vi sia un nesso di causalità tra la vaccinazione e il decesso.
 Tuttavia, con Processo Verbale n. 3587 del 14.10. 2015 la Commissione Medica Ospedaliera di Taranto ha attestato quanto segue: dalla presa visione della documentazione prodotta (cartelle cliniche, certificato di morte, etc.) emerge in maniera chiara come la grave cerebropatia sofferta dalla paziente e contratta dalla stessa con le vaccinazioni sia stata alla base del decesso; pertanto, questa CMO esprime, nel caso in questione, parere favorevole. 
Già con Verbale mod. ML/V n. 2068 del 02.10.06, peraltro, la stessa Commissione aveva riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra vaccinazione antipolio con l’infermità epilessia parziale con grave compromissione delle funzioni superiori . La CMO ha dunque riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione dei vaccini e il decesso della giovane xxxxx.

La giurisprudenza ha chiarito che il Ministero della Salute non può discostarsi dal giudizio emesso dalla CMO, anche quando l’azione riguardi il risarcimento del danno e non il riconoscimento di un indennizzo: In tema di danni da 
emotrasfusioni, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione, compiuto dalla Commissione di cui all’art. 4 della l. n. 210 del 1992, in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero (Cass. Civ ., Sez. 3 – , Ordinanza n. 15734 del 15/06/2018 ; conforme Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 34885 del 17/11/2021 ).
Del resto, nonostante parte attrice abbia richiamato ampia giurisprudenza sul
 punto in comparsa conclusionale, il Ministero ha omesso di depositare la memoria di replica, dimostrando di non avere alcun elemento da portare in propria difesa. 
La stessa giurisprudenza ha poi chiarito che, nelle pronunce in cui è stata riconosciuto che non vi è vincolatività del Verbale della CMO, non si aveva quale contraddittore il Ministero della Salute, ma la ASL, che è organo dal primo diverso e indipendente: 
in tema di danni da emotrasfusioni, la sentenza di accertamento del diritto all’indennizzo ai sensi della l. n. 210 del 1992, emessa nei confronti del Ministero della Salute, non ha efficacia di giudicato nel successivo giudizio di risarcimento del danno promosso contro l’azienda ospedaliera, mancando il necessario presupposto dell’identità delle parti, ma assume valore di indizio, soggetto alla libera valutazione del giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, reiettiva della domanda di risarcimento del danno da emoderivati infetti, proposta da un malato di epatite C contro un’azienda ospedaliera, per difetto di prova in ordine al collegamento causale tra l’insorgenza della patologia e le emotrasfusioni avvenute presso quell’ospedale, atteso che il ricorrente era stato anche sottoposto ad un lungo trattamento di dialisi presso altra struttura sanitaria e che la sentenza con cui, in un precedente giudizio, gli era stata riconosciuta l’indennità di cui alla l. n. 210 del 1992, non offriva elementi probatori su tale aspetto). (Cass. Civ., Sez. 3 – , Ordinanza n. 12009 del 16/05/2017 ).
Per tali ragioni, nel caso di specie deve ritenersi provata la responsabilità del Ministero della Salute, in ragione degli accertamenti compiuti da un organo statale con efficacia vincolante per lo stesso Ministero. 
Al contra rio, non essendovi la stessa applicabilità nei confronti della Gestione Liquidatoria, nell’indagare la eventuale responsabilità di quest’ultima deve farsi riferimento alla perizia redatta dal dr. xxxxx, cui si rimanda.

Il CTU ha accertato che
:
a) All’epoca della somministrazione vaccinale, come qualsiasi altra procedura vaccinale, erano conosciute alcune reazioni avverse che si compendiano in crisi convulsive correlate ad iperpiressia ma senza alterazioni neurologiche evolutive.
b) Alla stregua delle conoscenze scientifiche attuali e pregresse, sulla base delle linee guida sopra argomentate:

– non è controindicato vaccinare bambini che presentano convulsioni febbrili (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A)
– non deve essere evitata alcuna vaccinazione nel timore di eventuali convulsioni febbrili (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A)

- non è controindicato vaccinare soggetti che presentano una epilessia idiopatica o sintomatica non progressiva. (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A)
– non deve essere evitata alcuna vaccinazione nel timore che possa causare epilessia (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A)

- non è controindicato vaccinare soggetti affetti da encefalopatia epilettica (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A)
– non deve essere evitata alcuna vaccinazione nel timore che possa causare una encefalopatia epilettica (Classe di evidenza III; Forza della raccomandazione A).
Non riteniamo potessero esserci modalità differenti di somministrazione cautelativa della prima e seconda dose vaccinale, attraverso un ricovero o sorveglianza ospedaliera, in grado di fornire una valida tutela per evitare un disturbo o reazione non prevista e non prevedibile nonchè non correlabile con la stessa procedura vaccinale .
c) Come sopra argomentato, non riteniamo sussistere un valido rapporto causale tra la somministrazione vaccinale e la patologia neurologica diagnosticata e sofferta dalla piccola xxxxx, per le seguenti motivazioni già espresse:

- assenza di episodi febbrili nelle prime crisi convulsive
– criterio temporale tra le dosi vaccinali e la manifestazione convulsiva non patognomonica

– mancanza di reperti strumentali indicativi di una encefalite o sofferenza parenchimale correlabile ad infezione post -vaccinica
– evidenza di una malformazione vascolare encefalica non tipizzata o approfondita anamnesi patologica di prematurità e sofferenza perinatale con distress respiratorio e cianosi

- mancanza di test genetici e di laboratorio in grado di inquadrare una sospetta specifica patologia neurologica .
La risposta resa dal CTU è stata presentata non solo a seguito di un esame approfondito della documentazione in atti, ma anche con ricchissimo richiamo
 bibliografico. Al contrario, le osservazioni del CT P di parte attrice sono state
 proposte senza alcun richiamo specifico a diversa letteratura scientifica che ne 
potesse confortare l’assunto.

Il Verbale della CMO è estremamente generico e in pratica non spiega in alcun modo sulla base di quali evidenze si sia giunti al riconoscimento di u n nesso causale.

La domanda proposta nei confronti della Gestione Liquidatoria è dunque rigettata. Venendo ai danni patiti dai genitori iure proprio, va evidenziato che nell’atto di citazione gli stessi, con una sinteticità che si è tradotta in realtà in assenza di allegazione, hanno dedotto unicamente di aver patito ingenti danni patrimoniali e non patrimoniali, biologici, intrinseci nella lesione del suo bene alla salute, morali, esistenziali ed alla vita di relazione.

Gli attori, dunque, si sono limitati alla trascrizione di alcune etichette solitamente utilizzate per indicare singole componenti del danno non patrimoniale, senza allegare gli elementi costitutivi di tali voci di danno.
Neppure nella memoria n. 1 ex art . 183 co. 6 c.p.c. dove pure hanno parzialmente sanato la genericità delle allegazioni iniziali sotto altri profili gli attori hanno indicato in cosa sarebbe consistito il danno.

Senza dimenticare che danno morale, esistenziale e alla vita di relazione sono ormai da oltre un decennio pacificamente inclusi nella nozione unitaria di danno non patrimoniale.
Delle voci di danno sopra menzionate, dunque, solo quella del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale con la figlia può essere riconosciuto, in quanto è l’unico danno di cui sono stati allegati gli elementi costitutivi (il 
rapporto di parentela e la perdita dello stesso).

L’intensità del vincolo familiare consente di ritenere che la prova sia stata raggiunta per presunzioni.
Nel giudizio risarcitorio instaurato dagli eredi nonché prossimi congiunti (nella specie madre e fratelli) di un lavoratore deceduto a seguito di infortunio sul lavoro, la prova del danno non patrimoniale da sofferenza interiore per la perdita del familiare può essere fornita mediante presunzione fondata sull’esistenza dello stretto legame di parentela riconducibile all’interno della famiglia nucleare, superabile dalla prova contraria, gravante sul danneggiante, imperniata non sulla mera mancanza di convivenza (che, in tali casi, può rilevare al solo fine di ridurre il risarcimento rispetto a quello spettante secondo gli ordinari criteri di liquidazione), bensì sull’assenza di legame affettivo tra i superstiti e la vittima nonostante il rapporto di parentela (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 29784 del 19/11/2018 ). 
Le diverse voci di danno, al contrario, necessitano di specifica allegazione e prova (ex multis, Cass. Civ., Sez. 2 – , Ordinanza n. 28742 del 09/11/2018 ; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 29206 del 12/11/2019 ).

In merito al quantum, tuttavia, deve evidenziarsi che gli attori non hanno minimamente allegato quale fosse il loro rapporto con la figlia, se vi fosse convivenza o il ricovero di xxxxx in struttura specializzata, se uno o entrambi i genitori si siano occupati della figlia, se vi fosse intensità di frequentazione o i rapporti fossero sporadici (per l’ipotesi di un ricovero in struttura specializzata), se abbiano dovuto modificare le proprie abitudini di vita e in che modo.
 A fronte dell’assoluta assenza di ogni allegazione che non sia ridotta al solo dato del rapporto di parentela e dell’età al momento del decesso, il danno deve riconoscersi al di sotto del minimo tabellare fissato nelle Tabelle milanesi.
Difatti, per quanto sia necessariamente cinica tale constatazione, non può dimenticarsi che non vi è alcuna presunzione che i genitori si siano occupati della figlia malata e l’abbiano tenuta presso di sé, per cui alcuna intensità del rapporto
si può ritenere presunta. Gli attori l’avrebbero dovuta in primo luogo allegare e poi provare.
Nel caso di morte di un prossimo congiunto, un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (c.d. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, ma esige la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare. Tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguatamente adempiuto il suddetto onere di allegazione da parte dei genitori di persona deceduta in un sinistro stradale che avevano domandato il ristoro – in aggiunta al danno morale – anche del danno c.d. esistenziale, allegando 
a fondamento di tale pretesa la perdita “del piacere di condividere gioie e dolori col figlio” e dei “riti del vivere quotidiano, quali potevano essere il cinema assieme alla sera, l’alternarsi alla guida della macchina, le vacanze, le telefonate durante la giornata, il caffè appena svegli, il pranzo, la cena, i regali inattesi”) .
Del resto nella stessa relazione di accompagnamento alle Tabelle Milanesi è riconosciuto che deve ribadirsi che il danno in esame non è in re ipsa e non esiste, pertanto, un minimo garantito : la parte è – come sempre – gravata dagli oneri di allegazione e prova del danno non patrimoniale subito, fermo il ricorso alla prova per presunzioni; il giudice deve valutare caso per caso, ferma la possibilità di porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Cass. sentenza n. 25164/2020).

Il danno è dunque riconosciuto, in ragione dell’estrema e disarmante genericità dell’allegazione, in 90.000,00 per ciascun genitore, a valore attuale e inclusi accessori maggiorati fino alla data odierna.

Quanto al danno patrimoniale, non può che ribadirsi che non è mai stato allegato in cosa sia consistito questo danno: spese mediche? Spese funerarie ? Viaggi per le cure? Perdita di un sussidio?
Ancora una volta, la domanda è stata introdotta con tale genericità da imporne il rigetto.
Le spese di lite tra parte attrice e Ministero sono interamente compensate tra le parti in causa, tenendo conto della circostanza che la domanda proposta per i danni patiti iure hereditatis è stata dichiarata prescritta e delle voci di danno richieste iure proprio solo una è stata riconosciuta.
Le spese di lite nei confronti della Gestione Liquidatoria sono invece poste a carico di parte attrice, per la piena soccombenza.

Le spese di CTU sono poste a carico di parte attrice , soccombente nel relativo mezzo istruttorio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lecce Prima sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa xxxxx
a) Dichiara prescritta l’azione introdotta dagli attori iure hereditatis;

b) Rigetta la domanda proposta dagli attori iure proprio nei confronti della Gestione Liquidatoria EX USL Poggiardo ;
c) Condanna parte attrice alla refusione delle spese di lite in favore della Gestione Liquidatoria EX USL Poggiardo, liquidate in 10.340,00 per
 compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;

d) In parziale accoglimento della domanda attorea, condanna il Ministero della Salute al risarcimento del danno patito da xxxxxx e xxxxxxx iure proprio, danno liquidato per ciascuno in 90.000,00 al valore attuale e inclusi accessori, oltre interessi in misura legale dalla data odierna al soddisfo;

e) Compensa interamente tra parte attrice e il Ministero della Salute le spese di lite;
f) Pone le spese di CTU in via definitiva a carico di parte attrice.
Lecce, 01/02/2022
Il giudice

xxxxxx