• Marzo 28, 2024

IMPORTANTE ORDINANZA DEL 17 GENNAIO! Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana ammette la possibile inefficacia del vaccino con la variante Omicron e mette in discussione l’obbligo vaccinale

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Pubblicata in serata un’importante ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana (CGA), che svolge in Sicilia le funzioni proprie del Consiglio di Stato con la qualifica di sede distaccata, presieduto dalla Presidente di Sezione del Consiglio di Stato Rosanna De Nictolis.

In merito ad un ricorso di un iscritto al terzo anno del corso di Laurea di Infermieristica escluso dal tirocinio in quanto non vaccinato, il Consiglio di Giustizia della Regione Siciliana ammette che, a differenza di quanto precisato dal Consiglio di Stato Sezione III sentenza 20 ottobre 2021 n. 7045, ora la comunità scientifica esprime dei dubbi sull’efficacia di un vaccino “non aggiornato” nei confronti della variante Omicron e sono sempre più numerosi gli eventi avversi riportati nei database internazionali (si citano, tra gli altri, gli oltre 32.000 decessi dopo la vaccinazione covid riportati nel database europeo EudraVigilance). Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, in ordine alla legittimità dell’obbligo imposto dal decreto legge n.44 del 2021, ha chiesto una verifica in relazione alla modalità di raccolta del consenso informato, al sistema di monitoraggio degli eventi avversi, alla modalità di valutazione dei rischi e benefici soggettivi e all’articolazione della sorveglianza post-vaccinale.

Una sezione del più alto organo giudiziario amministrativa ha rilevato, per la prima volta, importanti crepe della decretazione d’urgenza sugli obblighi vaccinali.

Di seguito il testo integrale dell’ordinanza n.38 pubblicata il 17 gennaio 2022.

——

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1272 del 2021, proposto da 

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Sparti e Roberto De Petro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Università degli Studi di Palermo, non costituita in appello; 

per la riforma

dell’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-/2021, resa tra le parti, nel ricorso volto all’annullamento, previa sospensione, del provvedimento datato 27 aprile 2021, prot. n. -OMISSIS-, con il quale l’Ufficio di Gabinetto del Rettore, con riferimento ai tirocini di area medica/sanitaria, ha confermato che gli stessi potranno proseguire in presenza all’interno delle strutture sanitarie, a seguito della somministrazione vaccinale anti Covid – 19;

– di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso lesivo degli interessi del ricorrente, ivi inclusa la nota inviata all’Avv. De Petro dal Direttore della Didattica Professionalizzante;

Visto l’art. 62 cod. proc. amm.;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 il Cons. Maria Stella Boscarino e udito per la parte appellante il difensore come da verbale;

1. L’appellante, dopo aver premesso di essere iscritto al terzo anno del corso di Laurea d’Infermieristica presso l’Università degli Studi di Palermo e che, al fine di completare gli studi, avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie, espone che ciò gli è stato impedito dall’Università, con gli atti impugnati in primo grado, perché non vaccinato contro il virus Sars-CoV-2.

Con l’appello in epigrafe impugna l’ordinanza del T.A.R. Sicilia che ha respinto la domanda cautelare nel ricorso proposto avverso il provvedimento datato 27 aprile 2021, prot. n. -OMISSIS- dell’Ufficio di Gabinetto del Rettore.

L’appellante deduce di non potersi sottoporre all’inoculazione del vaccino sia per la natura sperimentale dello stesso, sia perché in passato ha contratto il virus Sars-CoV-2 ed è guarito, per cui ritiene di godere di memoria anticorpale e di immunità naturale perenne, e d’altra parte, ove si sottoponesse all’inoculazione, rischierebbe di morire per A.D.E. (acronimo per Antibody Dependent Enhancement), fenomeno (dettagliatamente descritto nella consulenza tecnica di parte prodotto dal ricorrente) di grave reazione del sistema immunitario, che ha condotto ad un decesso nel Comune Augusta, secondo le risultanze delle indagini penali.

L’appellante evidenzia che il Tribunale adito ha respinto la domanda cautelare avendo ritenuto “(…) che, in un’ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi e allo stato dei fatti, appare prevalente l’interesse pubblico a evitare di fare frequentare le strutture sanitarie da soggetti non vaccinati esponendo al rischio di contagio operatori sanitari e pazienti ivi presenti”.

2. Con il ricorso in appello si lamenta l’erroneità dell’ordinanza, avuto riguardo ai vizi rilevati nell’atto introduttivo:

– carenza assoluta di potere in capo al Rettore, che non potrebbe introdurre limitazioni al diritto allo studio e trattamenti di dati vaccinali non previsti da alcuna norma di legge;

– violazione del considerando n. 36 del Regolamento UE 953-2021 e dell’art. 1, comma 6, del d.l. n.111 del 6.8.2021 (la cd. certificazione verde si ottiene non solo in seguito ad avvenuta vaccinazione, ma anche in virtù di certificazione medica, laddove si sia già contratto il Covid, come nel caso del ricorrente, o di tampone);

– violazione dell’art. 4 d.l. n.44/2021 (convertito in l. n.76/2021), dal quale non discenderebbe alcun obbligo vaccinale per gli studenti universitari;

– erroneità dell’ordinanza nella parte in cui si adduce che un soggetto non vaccinato esporrebbe operatori sanitari e pazienti al rischio di contagio;

– la terapia genica sperimentale in corso di somministrazione è basata sulla proteina-S degli “spike” del ceppo virale originario di Wuhan, che ormai non sarebbe più in circolazione, avendo il coronavirus subito decine di migliaia di mutazioni;

– non potrebbe esservi obbligo vaccinale avente ad oggetto farmaci sperimentali, tali essendo i sieri in questione, sottoposti a farmacovigilanza (passiva e non attiva), per i quali viene demandato al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di fornire la relazione finale sugli studi clinici; 

– non sarebbe possibile nel nostro ordinamento porre un obbligo vaccinale basato su farmaci sperimentali, ostando a ciò il regolamento UE 2014, artt. 28 e segg, e l’art. 32 ultimo comma Cost., il quale vieta trattamenti contrari alla dignità umana;

– nell’VIII rapporto dell’AIFA, sono stati segnalati eventi avversi gravi in oltre il 13% dei casi; inoltre, il database europeo “Eudravigilance”, basato esclusivamente sulla vigilanza passiva, annovera ben 23 mila morti e oltre 2 milioni di eventi avversi;

– infatti nella seduta del Parlamento europeo n. B9-0475/2021 del giorno 23.9.2021 è stata proposta l’istituzione di un «Fondo europeo di risarcimento per le vittime dei “vaccini contro la COVID-19″»;

– le cifre afferenti a morte ed eventi avversi causati dai vaccini sarebbero ampiamente sottostimate a causa del fatto che la farmacovigilanza passiva si basa su segnalazioni spontanee;

– il cospicuo numero di deceduti e gravi invalidi in seguito alla somministrazione dei farmaci sperimentali in questione (ad es. nel Regno Unito la mortalità dei giovani nel 2021 sarebbe aumentata del 47% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, specie per miocarditi) escluderebbe la configurabilità di un “obbligo vaccinale” ex art.32 Cost.;

– laddove si ritenga, quindi, applicabile agli studenti l’obbligo di vaccinazione, ne conseguirebbe l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. n. 44/2021 sia per la violazione dell’art. 117 Costituzione, e cioè per il mancato rispetto del Trattato di Norimberga sul libero consenso alle sperimentazioni, sia per la violazione dell’art. 3 Costituzione;

– contrariamente a quanto affermato nelle difese dell’Università, sussisterebbe il pregiudizio irreparabile per il diritto allo studio perché l’appellante ha sostenuto tutti gli altri esami ed esaurito le lezioni da seguire; 

– l’appellante ripropone i motivi di ricorso non esaminati in primo grado (invalidità derivata per illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza; illegittimità della proroga dello stato di emergenza contenuta nell’art.1 del d.l. 105-2021 del 23.7.2021; sovrastima dei decessi dovuti al Covid-19, come evincibile anche dal rapporto dell’ISS aggiornato al 19.10.2021, in quanto viene imputato al Covid ogni decesso avvenuto in «assenza di una chiara causa di morte diversa dal Covid-19» e «ai fini della valutazione di questo criterio, non sono da considerarsi cause di morte diverse dal Covid le patologie preesistenti tra cui tumore, patologie cardiovascolari, diabete»);

– invoca il principio di primazia del diritto eurounitario con riferimento, tra l’altro, al consenso informato e al trattamento dei dati personali.

3. Con memoria l’appellante ribadisce l’inesigibilità nei propri riguardi dell’obbligo di vaccinazione, attesa l’immunità naturale ottenuta per effetto della guarigione.

Evidenzia, poi, il continuo incremento di morti e colpiti da eventi avversi, siccome registrati nel database “Eudravigilance” (oltre 32 mila morti e quasi 3 milioni di eventi avversi post vaccino), evidente anche in Italia, nonostante i limiti della sorveglianza passiva. 

Insiste nell’eccezione d’illegittimità costituzionale delle norme per come sollevata nell’appello cautelare e alla luce delle ulteriori considerazioni svolte in memoria.

4. Tanto premesso, il Collegio ritiene che permanga l’interesse alla decisione in relazione alla normativa posta a base degli atti impugnati, in considerazione del fatto che all’appellante (data la giovane età) non trova applicazione l’obbligo vaccinale introdotto per gli ultracinquantenni dal d.l. 7 gennaio 2022 n. 1.

5. I profili di ricorso volti a sostenere, a vario titolo, l’inapplicabilità agli studenti tirocinanti dell’obbligo vaccinale introdotto dall’art. 4 del d.l. n. 44/2021 sono, ad avviso del Collegio, infondati, avuto riguardo alla ratio della normativa.

Come condivisibilmente affermato da Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045, la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il principio di solidarietà (art. 2 Costituzione), e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili, che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza.

Pertanto, ad avviso del collegio, l’art. 4 del d.l. n. 44/2021 laddove prevede l’obbligo vaccinale per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43” deve interpretarsi nel senso che include i tirocinanti che, nell’ambito del percorso formativo, vengano a contatto con l’utenza in ambito sanitario, ricorrendo le medesime ragioni di tutela dei pazienti.

Non sussiste, quindi, la dedotta incompetenza dell’Amministrazione in quanto l’atto impugnato non ha introdotto ex novo un obbligo vaccinale ma ha dato una corretta interpretazione della normativa in materia.

6. Contrariamente alla prospettazione dell’appellante, allo stato normativo attuale l’obbligo vaccinale non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche e documentate condizioni cliniche, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore, nel rispetto di quanto disposto dalle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Tuttavia, dalla documentazione in atti non si evince tale condizione in capo all’appellante; quanto all’immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica da parte del medico curante, la stessa determina il differimento della vaccinazione alla prima data utile prevista dalle circolari del Ministero della salute, e dalla documentazione in atti risulta il superamento di tale periodo, sicché l’appellante dovrebbe sottoporsi alla vaccinazione.

7. Devono quindi essere esaminate le subordinate questioni di costituzionalità della normativa in materia di obbligo vaccinale Sars-Cov-2 sollevate dall’appellante.

8. Possono essere utili, a miglior chiarimento, alcuni cenni sul quadro giurisprudenziale in materia di vaccinazioni obbligatorie.

8.1. In relazione alle argomentazioni sviluppate dall’appellante (la vaccinazione sarebbe inutile, non impedendo al vaccinato di contagiarsi e contagiare), viene in rilievo la richiamata decisione del Consiglio di Stato n. 7045/2021, che ha ritenuto legittimo l’obbligo vaccinale contro il virus Sars-CoV-2 per il personale sanitario, escludendo (in esito ad ampio e complesso percorso argomentativo), tra l’altro, che i vaccini non abbiano efficacia; la richiamata decisione ha ricordato che “la posizione della comunità scientifica internazionale, alla luce delle ricerche più recenti, è nel senso che la fase di eliminazione virale nasofaringea, nel gruppo dei vaccinati, è tanto breve da apparire quasi impercettibile, con sostanziale esclusione di qualsivoglia patogenicità nei vaccinati”…..

la circostanza che i dati acquisiti nella fase di sperimentazione siano parziali e provvisori, ……, in quanto suscettibili di revisione sulla base delle evidenze empiriche via via raccolte – sicché l’autorizzazione è, appunto, condizionata all’acquisizione di più completi dati acquisiti successivamente all’autorizzazione stessa che, non a caso, ha durata solo annuale – nulla toglie al rigore scientifico e all’attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l’autorizzazione, pur naturalmente bisognose, poi, di conferma mediante i cc.dd. «comprehensive data post-authorisation». Ad avviso della sezione, sulla base non solo degli studi – trials – condotti in fase di sperimentazione, ma anche dell’evidenza dei dati ormai imponenti acquisiti successivamente all’avvio della campagna vaccinale ed oggetto di costante aggiornamento e studio in sede di monitoraggio che – …… – la profilassi vaccinale è efficace nell’evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque, nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio”.

In termini più generali, e in applicazione del principio costituzionale di solidarietà, il Consiglio di Stato ha affermato che, in fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione, che trova applicazione anche in ambito sanitario, opera in modo inverso rispetto all’ordinario e, per così dire, controintuitivo, perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l’utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi (come è nella procedura di autorizzazione condizionata, che però ha seguito le quattro fasi della sperimentazione richieste dalla procedura di autorizzazione), assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco (in termini, decisione n. 7045/2021 cit.).

Sui richiamati principi generali, d’altra parte, si segnalano orientamenti analoghi anche nella giurisprudenza di altri Paesi dell’Unione, come in Spagna (si veda, ad esempio, la quasi coeva decisione del Tribunale Supremo, IV, del 14 settembre 2021, n. 1112, in tema di “pasaporte Covid”, secondo la quale non si può chiedere che, secondo l’attuale stato della scienza, un intervento normativo ai fini del contenimento della pandemia sia infallibile nell’impedire in modo assoluto qualunque tipo di contagio, dovendosi, invece, ritenere idoneo un intervento efficace, appropriato e proporzionato alla finalità della protezione della vita e della salute).

8.2. Si deve tuttavia rilevare che il contenzioso qui in esame solleva anche problemi diversi ed ulteriori rispetto a quelli esaminati dalla richiamata decisione della III sezione del Consiglio di Stato, con specifico riferimento alla contestata validità e sufficienza del sistema di farmacovigilanza nonché alla compatibilità della normativa che introduce l’obbligo vaccinale con il diritto eurounitario, con riferimento, tra gli altri profili, a quello del consenso informato.

In ordine alla prima questione, del resto, la stessa decisione n. 7045/2021 sottolinea che l’autorizzazione è condizionata all’acquisizione di più completi dati acquisiti successivamente all’autorizzazione stessa e che il rigore scientifico e l’attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l’autorizzazione devono trovare conferma mediante i cc.dd. «comprehensive data post-authorisation».

Al riguardo, parte ricorrente, per un verso, pone in dubbio proprio la sufficienza ed attendibilità delle modalità di acquisizione di studi e monitoraggi in corso di vaccinazione; e per altro verso, sottopone alla valutazione del giudice dati recenti, circa l’esponenziale aumento di effetti collaterali gravi e anche letali osservati in ambito europeo.

Sotto ulteriore profilo, viene in rilievo la circostanza che la situazione sanitaria appare in costante divenire e già in parte diversa rispetto quella oggetto di valutazione della citata decisione della III sezione, con specifico riferimento alla diffusione di nuove varianti quale la Omicron, rispetto alle quali i vaccini non sono ancora “aggiornati”, di guisa che sulla relativa ed attuale efficacia protettiva la comunità scientifica non pare aver raggiunto una conclusione unanime (sebbene l’orientamento prevalente sia favorevole), mentre si profila una reiterazione di somministrazioni in tempi ravvicinati (sei mesi o addirittura quattro), sulla cui opportunità non si ravvisa, parimenti, una posizione unanime, per cui l’attuale obbligo vaccinale pone un (nuovo) problema di proporzionalità, dato che si profila una imposizione di ripetute somministrazioni nell’anno per periodi di tempo indeterminati.

In conclusione, nella vicenda sottoposta al Collegio si ravvisano elementi di diversità e novità rispetto la questione decisa dalla III sezione.

8.3. La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie è salda nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività.

In particolare, la Corte ha precisato che – ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge – la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. alle seguenti condizioni: 

(i) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; 

(ii) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”; 

(iii) e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).

In particolare, come affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalità degli interventi normativi che dispongano l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava del vaccino antipolio) risulta subordinata al rispetto dei seguenti requisiti:

<il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale.

……. un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili.

Con riferimento, invece, all’ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – (…) – il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri>.

E qualora il rischio si avveri, in favore del soggetto passivo del trattamento deve essere <assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito>.

Inoltre, le concrete forme di attuazione della legge impositiva di un trattamento sanitario o di esecuzione materiale del detto trattamento devono essere <accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura. E fra queste va ricompresa la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (.), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>.

Come affermato con la decisione 18 gennaio 2018 n. 5, il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017) <e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante della Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)>.

A tal riguardo, si precisa ancora nella decisione n.5/2018, i vaccini, al pari di ogni altro farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di farmacovigilanza che fa capo principalmente all’Autorità italiana per il farmaco (AIFA) e poiché, sebbene in casi rari, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la somministrazione può determinare conseguenze negative, l’ordinamento reputa essenziale garantire un indennizzo per tali singoli casi, senza che rilevi a quale titolo – obbligo o raccomandazione – la vaccinazione è stata somministrata (come affermato ancora di recente nella sentenza n. 268 del 2017, in relazione a quella anti-influenzale); dunque <sul piano del diritto all’indennizzo le vaccinazioni raccomandate e quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da ultimo la sentenza n. 268 del 2017>.

Già con sentenza 26 febbraio 1998 n.27 la Corte aveva affermato che

<Non vi è (…) ragione di differenziare, (…) il caso (…) in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello (…) in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria.

Una differenziazione che negasse il diritto all’indennizzo in questo secondo caso si risolverebbe in una patente irrazionalità della legge. Essa riserverebbe infatti a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione>.

Tale concetto è stato ribadito dalla decisione 23 giugno 2020 n.118, secondo la quale <in presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò di per sé rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli. Questa Corte ha conseguentemente riconosciuto che, in virtù degli artt. 2,3 e 32 Cost., è necessaria la traslazione in capo alla collettività, favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi che da queste eventualmente conseguano. La ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo non risiede quindi nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell’interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale. Per questo, la mancata previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.: perché sono le esigenze di solidarietà costituzionalmente previste, oltre che la tutela del diritto alla salute del singolo, a richiedere che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio da questi subìto, mentre sarebbe ingiusto consentire che l’individuo danneggiato sopporti il costo del beneficio anche collettivo (sentenze n. 268 del 2017 e n. 107 del 2012). (…) la previsione dell’indennizzo completa il “patto di solidarietà” tra individuo e collettività in tema di tutela della salute e rende più serio e affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione>.

8.4. Il Consiglio d’Europa ha avuto occasione di occuparsi della tematica della vaccinazione Covid; con la Risoluzione 2361 (2021) ha, per quanto qui rileva, “esortato” gli Stati membri e l’Unione europea a: 

7.1.1. Garantire elevati standard qualitativi delle ricerche condotte in modo etico, conformemente alle pertinenti disposizioni della Convenzione sui diritti dell’uomo e della biomedicina (ETS n. 164, Convenzione Oviedo) e il suo protocollo aggiuntivo relativo alla ricerca biomedica (CETS n. 195);

7.1.2. Assicurarsi che gli organismi di regolamentazione incaricati della valutazione e dell’autorizzazione dei vaccini contro Covid-19 siano indipendenti e protetti dalle pressioni politiche;

7.1.3. Garantire che vengano rispettate le pertinenti minime norme di sicurezza, efficacia e qualità dei vaccini; 

7.1.4. Implementare sistemi efficaci di monitoraggio dei vaccini e della loro sicurezza dopo la prima fase della vaccinazione di popolazione generale al fine di monitorare i loro effetti a lungo termine;

7.1.5. Attuare programmi di indennizzo indipendenti per garantire il risarcimento dei danni indebiti derivanti dalla vaccinazione;

7.1.6. Prestare particolare attenzione a possibili fenomeni di insider trading dei dirigenti farmaceutici o aziende farmaceutiche che cercano di arricchirsi indebitamente a spese pubbliche; 

7.3.4. Diffondere informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali del vaccino;

7.3.5. Comunicare in modo trasparente il contenuto dei contratti con i produttori di vaccini, renderli pubblicamente consultabili per il controllo parlamentare e lo scrutinio pubblico;

7.5. Assicurare il monitoraggio della sicurezza e degli effetti dei vaccini COVID-19 a lungo termine:

7.5.1. Garantire la cooperazione internazionale per tempestiva individuazione e chiarimenti di eventuali segnali di sicurezza sugli effetti avversi, successivi all’immunizzazione, mediante lo scambio di dati globali in tempo reale (AEFIs);

7.5.4. Avvicinare la farmacovigilanza ai sistemi sanitari;

7.5.5. Sostenere il campo emergente della ricerca ‘avversomica’, che studia le variazioni interindividuali nelle reazioni ai vaccini in base delle differenze nell’immunità naturale, nei microbiomi e nell’immunogenetica. 

9. Questo giudice, ove ritenesse le questioni prospettate dall’appellante rilevanti e non manifestamente infondate, dovrebbe sollevare l’incidente di costituzionalità.

9.1. Le questioni risultano nella specie rilevanti: una volta che il Collegio abbia ritenuto sussistente, in capo al ricorrente, un obbligo vaccinale, diventa infatti rilevante accertare se tale obbligo sia costituzionalmente legittimo.

9.2. Ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, occorre verificare se l’obbligo vaccinale per il Covid 19 soddisfi le condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale sopra indicate, ossia non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica, ed in particolare:

– che il trattamento «non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato», ferma restando la tollerabilità di effetti collaterali di modeste entità e durata;

– che sia assicurata <la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (…), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>;

– che la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce <delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica> e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata, nella prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario (sentenza n. 5/2018);

– che sia stata seguita la “raccomandazione” della Corte (decisione n.258/1994) secondo la quale, ferma la obbligatorietà generalizzata delle vaccinazioni ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, il legislatore dovrebbe individuare e prescrivere in termini normativi, specifici e puntuali, sebbene entro limiti di compatibilità con le esigenze di generalizzata vaccinazione, <gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze>.

9.3. Seguendo gli indici costituzionali fin qui richiamati, deve ritenersi essenziale, per un verso, che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili, e per altro verso che la sperimentazione, la raccolta e la valutazione dei dati (il più possibile ampi e completi) avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, in quanto l’affidamento della raccolta dei dati al produttore del vaccino presenta profili di evidente criticità (in tema di situazioni di conflitto di interessi in relazione ad attività svolta in favore di case farmaceutiche produttrici di vaccini si veda Cons. St., V, 2 aprile 2021, n. 2744).

E del resto tali prescrizioni sono anche contenute nella menzionata Risoluzione 2361 (2021) del Consiglio d’Europa.

9.4. Il Collegio, non essendo la causa sufficientemente istruita in ordine a tali profili, ritiene che, ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità, si debbano accertare:

1) le modalità di valutazione di rischi e benefici operata, a livello generale, nel piano vaccinale e, a livello individuale, da parte del medico vaccinatore, anche sulla basa dell’anamnesi pre-vaccinale; se vengano consigliati all’utenza test pre-vaccinali, anche di carattere genetico (considerato che il corredo genetico individuale può influire sulla risposta immunitaria indotta dalla somministrazione del vaccino); chiarimenti sugli studi ed evidenze scientifiche (anche eventualmente emerse nel corso della campagna vaccinale) sulla base dei quali venga disposta la vaccinazione a soggetti già contagiati dal virus;

2) le modalità di raccolta del consenso informato;

3) l’articolazione del sistema di monitoraggio, che dovrebbe consentire alle istituzioni sanitarie nazionali, in casi di pericolo per la salute pubblica a causa di effetti avversi, la sospensione dell’applicazione dell’obbligo vaccinale; chiarimenti sui dati relativi ai rischi ed eventi avversi raccolti nel corso dell’attuale campagna di somministrazione e sulla elaborazione statistica degli stessi (in particolare, quali criteri siano stati fissati, e ad opera di quali soggetti/istituzioni, per raccogliere i dati su efficacia dei vaccini ed eventi avversi; chiarimenti circa i criteri di raccolta ed elaborazione dei dati e la dimensione territoriale, se nazionale o sovranazionale; chi sono i soggetti ai quali confluiscano i dati e modalità di studio), e sui dati relativi alla efficacia dei vaccini in relazione alle nuove varianti del virus. 

4) articolazione della sorveglianza post-vaccinale e sulle reazioni avverse ai vaccini, avuto riguardo alle due forme di sorveglianza attiva (con somministrazione di appositi questionari per valutare il risultato della vaccinazione) e passiva (segnalazioni spontanee, ossia effettuate autonomamente dal medico che sospetti reazioni avverse).

Viene, pertanto, disposta istruttoria, affidata ad un collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio superiore della sanità operante presso il Ministero della salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria, con facoltà di delega o di farsi coadiuvare per la raccolta dei dati; l’Organo incaricato dell’istruttoria provvederà ad inoltrare una dettagliata relazione sui quesiti sopraindicati; ad ulteriore specificazione dei quali, si precisa che la relazione dovrà anche partitamente chiarire:

1.1. con riferimento al primo quesito, se ai medici di base siano state fornite direttive prescrivendo loro di contattare i propri assistiti ai quali, eventualmente, suggerire test pre-vaccinali;

1.2. modalità in virtù delle quali venga data comunicazione al medico di base dell’avvenuta vaccinazione spontanea di un proprio assistito (presso hub vaccinali e simili);

2.1. quanto al secondo quesito, si richiedono chiarimenti circa la documentazione offerta alla consultazione dell’utenza al momento della sottoscrizione del consenso informato; 

2.2. chiarimenti circa il perdurante obbligo di sottoscrizione del consenso informato anche in situazione di obbligatorietà vaccinale;

3.1. con riferimento al terzo quesito, si richiede la trasmissione dei dati attualmente raccolti dall’amministrazione in ordine all’efficacia dei vaccini, con specifico riferimento al numero dei vaccinati che risultino essere stati egualmente contagiati dal virus (ceppo originario e/o varianti), sia il totale sia i numeri parziali di vaccinati con una due e tre dosi; i dati sul numero di ricovero e decessi dei vaccinati contagiati; i dati di cui sopra comparati con quelli dei non vaccinati;

4.1. Con riferimento al quarto quesito, si chiede di conoscere se sia demandato ai medici di base:

4.1.1. di comunicare tutti gli eventi avversi (letali e non) e patologie dai quali risultino colpiti i soggetti vaccinati, ed entro quale range temporale di osservazione; ovvero

4.1.2. di comunicare solo eventi avversi espressamente elencati in direttive eventualmente trasmesse ai sanitari; ovvero

4.1.3. se sia a discrezione dei medici di base comunicare eventi avversi che, a loro giudizio, possano essere ricollegabili alla vaccinazione;

4.2. si richiede, altresì, di specificare con quali modalità i medici di base accedano alla piattaforma per dette segnalazioni, chi prenda in carico dette segnalazioni, da chi vengano elaborate e studiate.

I chiarimenti di cui sopra, articolati in una relazione alla quale dovranno essere allegati i documenti di riferimento, dovranno pervenire entro il 28 febbraio 2022.

Attesa la rilevanza e la complessità della questione, si dispone la convocazione dell’Organo incaricato dell’istruttoria all’udienza camerale del 16 marzo 2022, ore 9,00, per rispondere oralmente agli eventuali approfondimenti che il Collegio riterrà necessari, con facoltà di delegare uno solo dei tre componenti; si fissa un anticipo sul compenso dell’Organo verificatore, nella misura di euro mille, che viene provvisoriamente posto a carico dell’Amministrazione resistente;

ogni ulteriore decisione in ordine all’appello cautelare viene rinviata all’udienza camerale cui sopra;

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, dispone l’istruttoria di cui al capo 9.4. della presente decisione, che viene affidata al collegio indicato in motivazione; l’Organo incaricato dell’istruttoria provvederà ad inoltrare una dettagliata relazione, alla quale dovranno essere allegati i documenti di riferimento, entro il 28 febbraio 2022;

l’Organo incaricato dell’istruttoria dovrà intervenire, nella sua completezza o con delega ad uno solo dei componenti, all’udienza camerale del 16 marzo 2022, ore 9,00, alla quale viene rinviata l’ulteriore trattazione della causa.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti ed all’Organo incaricato dell’istruttoria.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute dell’appellante.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Giovanni Ardizzone, Consigliere

Antonino Caleca, Consigliere

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