• Aprile 26, 2024

Mihajlovic, Lotito. L’opinione di Giulio Tarro

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Di Lo Speciale

Stanno facendo molto discutere le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Lazio Claudio Lotito all’uscita dalla camera ardente dove è andato a portare l’ultimo saluto a Sinisa Mihajlovic, l’ex calciatore e allenatore morto a causa di una leucemia mieloide acuta.

Lotito ha messo in relazione le malattie che sempre più frequentemente stanno colpendo i calciatori, con i trattamenti cui gli sportivi sono continuamente sottoposti, includendo nel novero delle possibili cause anche i vaccini.

Ma cosa ha detto in sostanza il presidente della S.S. Lazio? Ecco le sue parole: “Io penso che dobbiamo approfondire alcune tematiche, ricorrono troppo spesso alcune malattie che potrebbero essere legate al tipo di stress e di cure. Mi risulta che anche Vialli stia male. Stiamo parlando del nulla, non c’è nessun discorso scientifico, certo ci dobbiamo porre l’interrogativo sul perché accadono queste cose in modo ricorrente. Per esempio, i vaccini servono e vanno fatti, ma nessuno sa quello che potranno determinare in futuro. Mi auguro non ci sia nessun nesso, però ci dobbiamo porre degli interrogativi a 360 gradi per approfondire alcuni tipi di malattie che cominciano a essere numerose nel nostro mondo”.

Nonostante Lotito abbia premesso di parlare senza competenze scientifiche ma ponendosi semplicemente delle domande alla luce del diffondersi di particolari malattie nel mondo del calcio, c’è chi lo ha subito accusato di complottismo. Ma è così sbagliato quello che ha detto il presidente del club biancoceleste?

Non ne è tanto sicuro il medico e virologo Giulio Tarro, primario emerito dell’Ospedale Cotugno di Napoli, allievo di Albert Sabin, inventore del vaccino contro la poliomielite e proclamato miglior virologo dell’anno nel 2018 dall’Associazione internazionale dei migliori professionisti del mondo, il quale spiega: “Innanzitutto bisogna esaminare il quadro oncologico del paziente e valutare com’era prima che gli venissero somministrati i vaccini, soprattutto quelli che hanno ricavato le informazioni genetiche attraverso l’mRNA. Tenga conto che nel 2020, prima che scoppiasse l’epidemia, si era registrato un grandissimo successo nel campo del tumore più diffuso, quello al seno, al punto che le pazienti operate, o anche soltanto trattate, potevano avere le stesse prospettive di vita di quelle sane. Si trattava di un successo storico nel campo dell’oncologia. Purtroppo già alla fine del 2020 i dati in Europa evidenziavano invece un milione di mancate diagnosi precoci. E questo purtroppo riguardava anche altri tipi di tumore, come quello del colon retto, nonostante possa essere facilmente diagnosticato non soltanto con la colonscopia, ma anche con il sangue nelle feci. In pratica con l’avvento della pandemia sono stati bruciati in pochissimi mesi tutti i progressi che erano stati raggiunti nel campo oncologico”.

L’esperto non ritiene affatto infondati i dubbi in ordine a possibili correlazioni fra i tumori che hanno colpito i calciatori in questione e le vaccinazioni. “L’Università di Boston, smentendo i nostri biologi molecolari, ha dimostrato che non era affatto vero che pochi minuti di informazione genetica nelle nostre cellule impediva al dna di captare queste informazioni; è vero esattamente il contrario, ovvero che l’RNA messaggero del coronavirus veniva immediatamente ricevuto. Questo ha fatto precipitare le diagnosi precoci dei tumori e ha vanificato anche i risultati che erano stati raggiunti sul piano delle terapie oncologiche. Ci sono dei lavori che hanno dimostrato tutto questo, soprattutto provenienti dal mondo scandinavo che come sappiamo ha affrontato il Covid in maniera molto meno drastica rispetto a come abbiamo fatto noi nel resto d’Europa, e hanno svolto le loro vaccinazioni seguendo criteri rigorosamente scientifici come è sempre stato nella loro tradizione. Non dimentichi inoltre che il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta ha dimostrato che fra tutti i vaccini, quelli ad mRNA messaggero hanno provocato circa il 51% degli effetti letali”.

E’ credibile che nei calciatori il rischio di  ammalarsi di tumore possa essere maggiore anche in virtù dei trattamenti cui sono sottoposti per non veder compromesse le proprie prestazioni? “Questa è una considerazione più che giusta – risponde Tarro – ma non riguarda unicamente i calciatori, ma tutti gli sportivi in generale. Direi che questo pericolo è molto più diffuso nella fascia degli sportivi giovani-adulti, come del resto è stato dimostrato nell’ambito delle forze armate americane dove si è registrato un forte incremento delle malattie cardiovascolari e anche un maggiore tasso di mortalità a queste legato”.

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