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La procura di Palermo ha fatto notificare un avviso di garanzia per la morte dell’insegnante Cinzia Pennino, la professoressa dell’istituto Don Bosco morta il 28 marzo 2021, a 17 giorni dalla somministrazione della prima dose del vaccino AstraZeneca.
Il provvedimento è stato notificato al medico vaccinatore Vincenzo Fazio che è indagato per omicidio colposo e nelle prossime settimane sarà interrogato dal pm Giorgia Spiri alla presenza del suo legale, l’avvocato Dario Gallo.
Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Giorgia Spiri, che hanno affidato gli accertamenti sulla salma al medico legale Antonietta Argo, viste le condizioni fisiche della donna – era obesa – durante l’anamnesi il medico avrebbe dovuto seguire con attenzione le linee guida dell’Istituto superiore di sanità, che indicavano proprio l’obesità tra i fattori di rischio per ipotetici effetti avversi al vaccino Astrazeneca e che consigliavano di non somministrarlo in questi casi. Ed è proprio ciò che l’indagato – secondo l’accusa – avrebbe dovuto fare: non vaccinare la paziente. Peraltro non servono particolari accertamenti clinici per stabilire se una persona è in forte sovrappeso o obesa: basta guardarla.
La professoressa si era quindi riprenotata ed era tornata all’hub quattro giorni dopo, l’11 marzo. In quel caso, Fazio le avrebbe fatto invece il vaccino senza alcun problema. Oltre tutto erano stati proprio i parenti della vittima a sottolineare “le sue perfette condizioni di salute” prima della vaccinazione. Il giorno stesso della somministrazione la donna non avrebbe avuto alcun problema, tanto che era andata al Don Bosco dove aveva fatto lezione per due ore. Il giorno successivo, invece, avrebbe avuto un po’ di febbre (37,5/38), sparita rapidamente con un po’ di Tachipirina. Per la settimana successiva la docente sarebbe stata benissimo. Fino al 21 marzo, quando avrebbe iniziato ad avere dei dolori addominali e avrebbe anche vomitato, senza associare questa reazione al vaccino, visto che ormai erano passati parecchi giorni. Avrebbe preso un farmaco, ma i problemi non si sarebbero risolti.
A quel punto Cinzia Pennino avrebbe contattato una sua amica in servizio al Buccheri La Ferla per capire cosa fare e dopo poco si era presentata al pronto soccorso della struttura sanitaria. Con una Tac sarebbe “emersa una trombosi addominale in atto”, sostengono i legali della famiglia. Da qui la decisione di trasferire la paziente all’Ematologia del Policlinico, dove avrebbe ricevuto altre cura. Infine il ricovero in Chirurgia d’urgenza e poi l’intubazione in terapia intensiva fino alla morte.
Sin dall’inizio l’inchiesta si è concentrata sulle cure e l’assistenza che la vittima ha ricevuto sia al momento della vaccinazione che dopo e, con l’esito dell’autopsia, la Procura ritiene evidentemente che qualcosa sia andato storto nella prima fase. Che con un’accurata anamnesi, forse, Cinzia Pennino avrebbe potuto salvarsi. L’indagato, che è assistito dall’avvocato Dario Gallo, ha ricevuto l’avviso di garanzia ieri sera e nei prossimi giorni sarà interrogato dai pm. Il legale rimarca che “noi per primi abbiamo interesse a che questa vicenda venga risolta e siamo a completa disposizione della magistratura per accertare la verità”.