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Mentre la Procura di Mantova e in questi giorni quella di Messina hanno chiesto l’archiviazione delle indagini sulla morte a causa del vaccino del carabiniere Pietro Taurino e della docente Augusta Turiaco, si apre un nuovo scenario nell’indagine sul decesso della diciottenne di Sestri Levante Camilla Canepa.
La nuova ipotesi di reato sarebbe legata alla mancata indicazione, nella cartella clinica del primo ricovero all’ospedale di Lavagna, della somministrazione del vaccino AstraZeneca.
I genitori della ragazza hanno sempre affermato che al momento del primo accesso al pronto soccorso il dettaglio era stato riportato, ed è quanto stanno cercando di appurare anche i magistrati genovesi Stefano Puppo e Francesca Rombolà insieme al procuratore Francesco Pinto.
Un dettaglio cruciale anche per il supplemento di indagine chiesto al medico legale Luca Tajana e all’ematologo Franco Piovella.
Si tratta di un particolare che potrebbe spiegare come mai i sintomi della giovane non abbiano fatto scattare l’allarme che – secondo quanto scoperto dalla trasmissione Report – era già stato diffuso da diversi enti di controllo medico proprio sui sintomi che presentava la ragazza al suo arrivo in ospedale.
Secondo i genitori il particolare era stato più volte sottolineato ma nella cartella clinica non vi sarebbe traccia del nome del vaccino che poco dopo l’episodio è stato fortemente sconsigliato per la somministrazione nelle giovani donne.
Camilla Canepa era stata vaccinata il 25 maggio e il 3 giugno era stata ricoverata all’ospedale di Lavagna per una forte emicrania associata alla fotosensibilità (forte fastidio alla luce). All’ospedale non sarebbe stato eseguito lo screening che, secondo la trasmissione Rai, Report, era già stato comunicato ai medici.
La ragazza era stata sottoposta ad una tac senza contrasto che non avrebbe evidenziato alcun problema ma gli esami ematologici avrebbero invece rivelato uno degli “indicatori” di rischio grave come la forte riduzione delle piastrine.
Pochi giorni dopo era stata nuovamente ricoverata con un quadro clinico ormai compromesso da una trombosi al seno cavernoso e che l’ha portata al decesso il 10 giugno.
Secondo le indiscrezioni di stampa, nel secondo ricovero, l’indicazione del farmaco Astrazeneca era stata invece inserita nel fascicolo della cartella clinica.
Ora gli inquirenti cercano di capire se nel primo ricovero i medici sapessero o meno del tipo di vaccinazione fatta da Camilla e come mai, nel caso, non siano scattate le linee guida per diagnosticare la sindrome da vaccino (Vitt) con le contromisure – come un esame Tac con liquido di contrasto che avrebbero potuto salvarle la vita.
Il reato di omissione di atti di ufficio, a differenza dei reati di omicidio e lesioni colpose ad eccezione della colpa grave, non è coperto dallo scudo penale per i sanitari previsto dal decreto legge n.44 convertito in legge 28 maggio 2021 n.76.
Inoltre, come emerge da un commento del dott. Paolo Piras (Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Sassari) sulla rivista giuridica online “Sistema Penale”, sono esclusi dall’ambito di operatività dello scudo penale previsto dall’art. 3 del D.L. n. 44/2021 “i rischi da somministrazione scorretta, ad es., non preceduta da un’accurata raccolta anamnestica, che avrebbe rivelato controindicazione. O somministrazione seguita da consigli scorretti, ad es., per contrastare l’elevata febbre post vaccino si consiglia di superare il dosaggio di un grammo di Tachipirina anche in un’unica soluzione, con successivi danni epatotossici. O si prescrive a paziente ulceroso un farmaco antinfiammatorio non steroideo per mitigare i dolori muscolari post vaccino, senza associazione di farmaco inibitore di pompa protonica, con successiva emorragia gastrica”.