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Per il vasto popolo dei non vaccinati (8 milioni), il Green Pass è un cappio al collo. Sempre più stretto, man mano che le sue condizioni s’inaspriscono, generando Maxi o Super Green Pass. Ma fin dove può stringersi la corda? C’è un limite, un punto di rottura, che rompe al contempo la legalità costituzionale?
Sta di fatto che le misure di contrasto al virus stanno cambiando segno: dalla persuasione all’induzione, dall’induzione alla costrizione. E l’ultimo decreto battezzato dal governo aggiunge altre cinque spine. Primo: la durata del Green Pass si riduce (da 12 a 9 mesi). Secondo: il certificato verde diventa obbligatorio anche per accedere ai treni regionali, agli autobus, ai tram, alla metropolitana, oltre che negli alberghi e negli spogliatoi per l’attività sportiva. Terzo: non basterà più il tampone per assistere a spettacoli e cerimonie pubbliche, per entrare in discoteca, per pranzare al ristorante (queste attività vengono ormai riservate ai guariti e ai vaccinati). Quarto: l’obbligo vaccinale s’estende alla terza dose. Quinto: alle categorie già sottoposte all’obbligo s’aggiungono i militari, le forze di polizia, gli agenti del soccorso pubblico, il personale amministrativo della sanità, i docenti e gli altri lavoratori della scuola.
Diciamolo: è un cambio di strategia, un nuovo paradigma. A questo punto la regola non sta più nella libertà di non vaccinarsi (a eccezione delle categorie obbligate), bensì nel suo opposto. Regola è l’obbligo vaccinale, da cui alcune categorie (per il momento) vengono esentate. Però sempre di meno, e sopportando ulteriori restrizioni. Dunque il vaccino è già obbligatorio, benché gli italiani non ne siano stati informati. Nessuno scandalo, il governo talvolta dev’essere insincero, per non allarmare i cittadini. D’altronde la politica – diceva Valéry – è l’arte d’impedire alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda. E d’altronde sono insinceri pure partiti e intellettuali che s’oppongono al Green Pass, reclamando casomai una scelta chiara, l’obbligo vaccinale timbrato dalla legge. Ora l’obbligo c’è, ma loro continuano ad opporsi. Invece il Green Pass ha superato il vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo, del Tribunale Ue, del Conseil constitutionnel francese, di varie magistrature anche italiane. Mentre la vaccinazione obbligatoria è una decisione consentita dalla Costituzione, e già oggi esercitata in 10 casi, nei riguardi dei minori.
No, il problema non sta nella sostanza, bensì piuttosto nelle forme di quest’obbligo mascherato. L’articolo 32 della nostra Carta pretende l’uso della legge, per imporre un trattamento sanitario. Mercoledì scorso l’esecutivo è intervenuto con un decreto legge; provvedimento provvisorio – dice l’articolo 77 – che perde efficacia “sin dall’inizio”, se le Camere non lo convertono in legge entro 60 giorni. Tuttavia stavolta i suoi effetti sono irreversibili, permangono anche se il Parlamento rifiuti la conversione del decreto. Perché si consumeranno dal 6 dicembre al 15 gennaio, e perché dunque l’eventuale bocciatura parlamentare – alla fine di gennaio – non potrà riaprire le porte d’una trattoria o uno stadio a chi le trovò sbarrate. Il diritto non è una macchina del tempo. Ma un decreto non è una legge, anzi può divenire lo strumento per eludere la riserva di legge prescritta dall’articolo 32 della Costituzione.
Da qui un paradosso, giacché ogni emergenza sollecita risposte immediate, per decreto. Paradosso doppio, rispetto al modo obliquo con cui il governo sta introducendo l’obbligo della vaccinazione. Una strategia dettata dalla preoccupazione di non esacerbare gli animi, di non accendere nuove rimostranze. Invece le proteste si moltiplicano, attraverso il conto dei sommersi e dei salvati. Così, gli albergatori denunciano una discriminazione rispetto agli affitti brevi. Altri indicano un’incongruenza fra assembramenti liberi (nei supermercati o nelle chiese) e controllati (per esempio in un concerto). E via via, l’elenco sarebbe più lungo d’un lenzuolo. Ma il lenzuolo è la conseguenza della via italiana per la vaccinazione: un obbligo non obbligatorio.